(UN ALTRO) NUOVO ANNO

“Ora si ricomincia dall’inizio. Ancora da 0. Ancora daccapo.

Ma ora andrà meglio!”

È questo che vorremmo sentirci dire ed è questo ciò che ci diciamo, con voce flebile, ogni notte del 31 dicembre; aspettando il nuovo anno, sperando che tutto si rinnovi cacciando il passato con fiumi di alcol e musica discutibile.

Pura formalità, pura abitudine.

La stessa che dà vita, nello stesso momento, al discorso del Presidente della Repubblica: appuntamento fisso da Einaudi a Mattarella.

Ultimo baluardo di istituzionalità che tiene viva la speranza: che non ci fa abbandonare ogni cosa esplodendo nelle urla più isteriche che assalgono tutti noi ad ogni foto del “Capitano”.

La stessa che ci ricorda che non dobbiamo essere colmi di odio verso chiunque e ci porta a pensare di essere umani, prima che Italiani, e comportarci da tali in ogni situazione.

La stessa che invita i nostri governanti ad aiutare chi è in difficoltà: chi scappa dal proprio Paese e chi, rimasto nel proprio, non riesce a vivere rimanendo ai margini della società.

Sarebbe bello poter dire che la lezione sia stata imparata, sarebbe fantastico poter dire che l’invito è stato recepito. Sarebbe.

Il nuovo anno si apre con l’introduzione della “tassa sulla solidarietà” sulle organizzazioni no profit; il nuovo anno si apre con il gentil gesto dell’esponente leghista di Trieste che getta le coperte di un senzatetto; il nuovo anno si apre con l’immagine del ministro degli interni che giganteggia sul povero migrante trasportato via con violenza dalla sua scorta; il nuovo anno si apre ancora al grido di “abbiamo abolito la povertà”.

Nel frattempo, fuori si dorme ancora e si risponde all’attenti solo quando ci viene chiesto di aspettare o gettare odio su chiunque sia stato attratto dal “nuovo anno”.

Svegliamoci, o aspettiamo il prossimo.

Buon anno compagni.

Antonio Trifogli