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15 marzo

Alla Marcia Globale per il Futuro ci saranno 5 continenti in protesta: stesso giorno, stessa ora, stesso obiettivo. Uno degli aspetti più interessanti del 15 marzo è probabilmente proprio questo: la crisi climatica, problematica globale, sta venendo affrontata come tale.


Molto spesso davanti ai problemi la prima reazione è quella di proteggersi, alzare muri, salvaguardare il proprio giardino a discapito di tutto ciò che va oltre i confini nazionali. Questa volta tuttavia siamo costretti a cambiare logica, un po’ come se fosse la storia stessa a darci le lezioni che non vogliamo imparare da soli: non è bastato il terrorismo e non sono bastate le grandi migrazioni a far cambiare la visione dei leader mondiali sulle modalità con cui è necessario affrontare questioni che coinvolgono l’umanità nella sua totalità e complessità.

Questa volta, però, il problema che ci si pone davanti non ci lascia alcuna scelta: o cambiamo tutto o siamo destinati ad aggiungerci alla lista delle specie in via d’estinzione.

Non sono strani complotti che emergono da chiacchierate ubriache ma le prospettive che scienziati e ricercatori ci presentano come diretta ed inevitabile conseguenza del perpetrarsi dell’attuale modello di società, della favola dell’eterna crescita che ci siamo raccontati per decenni senza dare ascolto alle evidenze scientifiche. Quest’ultime infatti ci mostravano chiaramente i rischi del sistema produttivo capitalistico ben prima di arrivare all’emergenza attuale e allora come ora i leader mondiali, consapevoli, hanno dato la precedenza ad altri fattori escludendo del tutto dalle loro valutazioni i costi ambientali e sociali delle loro scelte. Ora però ci sono rimasti soltanto 11 anni per cambiare nettamente direzione: o lo facciamo ora o ci condanniamo a morte.

Stiamo già vivendo le prime conseguenze delle nostre azioni: eventi climatici straordinari come uragani e forti ondate di calore si abbinano ad un evidente stravolgimento delle stagioni e ad un innalzamento della temperatura media globale ben oltre quello che ci si potrebbe aspettare dall’era post-glaciale che stiamo attraversando. Questi eventi hanno una caratteristica interessante: la loro brutale forza colpisce tutti in modo eguale, tuttavia le differenze economiche, sociali e di classe fanno sì che siano sempre gli strati medio-bassi della popolazione a patirne gli effetti peggiori, perciò se non per buon senso sarebbe il caso di agire anche solo per puro egoismo. Sentiamo spesso i riferimenti alle “generazioni future”, ovvero l’ennesima boiata per rimandare ancora una volta ad un momento futuro inesistente la necessaria rivoluzione, nel suo senso più strettamente letterale. Quello che sta accadendo non riguarda le generazioni future, riguarda noi che già viviamo su questo pianeta, qui ed ora. Non c’è più tempo per rimandare, siamo al giorno in cui si scrive forse la più decisiva pagina della storia dell’umanità e possiamo fare solo due cose: costruire un modello di società che ci renda di nuovo compatibili con gli ecosistemi di cui facciamo parte o accettare l’idea di un Mondo senza di noi.

Non si può essere moderati, non c’è alcuna via di mezzo, la trasversalità della crisi climatica ci mostra che l’unica via percorribile è quella della transizione ecologica: riconversione energetica, consumo consapevole e responsabile, abbandono dei derivati del petrolio a favore di una società plastic free sono solo gli esempi più facilmente immaginabili di quello che possiamo raggiungere, con risvolti positivi non solo per l’ambiente ma anche per la nostra salute, per il mondo del lavoro, per l’economia.

Abbiamo la possibilità di reinventarci, facciamolo ora che ne abbiamo ancora il tempo.

Come dice Greta:

“The power belongs to the People”.

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