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cosa succede in venezuela?

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva però denunciato fin da subito la mancanza di trasparenza nel processo elettorale; a ciò si sono aggiunte presto l’organizzazione degli Stati Americani e il “gruppo di Lima”, formato da numerosi Stati sia del Nord che del Sud America, tra cui Argentina, Brasile, Canada e Cile, i quali non hanno riconosciuto il secondo mandato del presidente Maduro e hanno definito le elezioni presidenziali illegittime in quanto non vi hanno potuto partecipare tutti i partiti politici, non vi erano osservatori internazionali e mancavano di standard e garanzie per un voto libero.


Durante una protesta organizzata dall’opposizione tenutasi a Caracas il 23 maggio, il giovane e neoeletto presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidò, nonché uno dei pochi leader dell’opposizione rimasto in libertà, si è proclamato presidente giurando davanti alla folla; autoproclamazione poi riconosciuta da tutte le opposizioni e dall’Assemblea Nazionale. Quest’ultima è stati infatti eletta nel 2015 e in quella tornata elettorale avevano trionfato le opposizioni del governo di Maduro.


A sostegno di Juan Gauidò si sono subito schierati numerosi governi esteri: il governo americano ha riconosciuto Guaidò come presidente ad interim del Venezuela fino a nuove elezioni; sulla stessa linea si sono schierati il primo ministro canadese Trudeau, il presidente brasiliano Bolsonaro e gran parte degli Stati Americani. L’Unione Europa, tramite le parole dell’Alto commissariato per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, chiede nuove al più presti libere elezioni e sostiene l’Assemblea Nazionale in quanto unico organo democraticamente eletto; Francia, Germania, Spagna e Regno Unito hanno inoltre lanciato un ultimatum al governo di Maduro chiedendo di convocare nuove elezioni entro 8 giorni.


Con Maduro si sono invece schierati Russia, che accusa gli Stati Uniti di tentato golpe, Cina, Messico, Turchia, Iran ma soprattutto l’esercito venezuelano.


Il governo italiano non ha mancato di dimostrare la sua coesione interna e la sua forza e incisività nel panorama internazionale: Matteo Salvini ha dichiarato di stare “con il popolo venezuelano e contro i regimi come quello di Maduro, fondato su violenza, paura e fame”; ha poi aggiunto: “Quanto prima cade, senza ulteriori scontri, meglio è”; il movimento 5 stelle, con le parole di Di Battista, ovviamente non prende una posizione chiara (non si sa se non vuole o non può), e proclama genericamente di “stare con il popolo venezuelano”.


Vale la pena inoltre ricordare qual è lo sfondo su cui si svolge tutta questa crisi politica, ovvero un Venezuela devastato dalla crisi economica: dal 2013, inizio della presidenza di Maduro, al 2018 il PIL Venezuelano si è dimezzato; il tasso di inflazione stimato dal Fondo Monetario internazionale nel 2018 è del 1000000%, un dato altissimo; per non parlare della terribile emergenza umanitaria che si sta verificando con la carenza di alimentari e medicinali per la popolazione.


La situazione in Venezuela è un continuo crescendo di tensione, tra manifestazioni e scontri con le forze dell’ordine; la crisi ha ormai assunto una portata internazionale e tutto il Mondo ha gli occhi fissi sul Venezuela. Noi non possiamo che augurarci una conclusione pacifica di questa crisi politica; speriamo che si possa arrivare a nuove elezioni presidenziali, eventualmente da svolgersi sotto l’osservazione degli organismi internazionali che possano garantire il rispetto dei principi di democrazia e libertà, così che il Venezuela possa tornare ad avere un governo forte, riconosciuto e legittimamente eletto e in grado di risollevare le sorti dell’economia e della popolazione venezuelana.

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