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GILETS JAUNES

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 19 dic 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Francia, 17 novembre, mattino: numerose strade in tutto il paese iniziano ad essere bloccate da manifestanti che indossano gilet gialli; protestano contro l’aumento di 7,6 centesimi al litro del prezzo del diesel voluto dal governo del presidente Macron. Da quel momento la Francia è letteralmente bloccata e le proteste continuano tuttora.


L’aumento del prezzo del diesel è stato voluto dal governo francese per una ragione più che nobile e apprezzabile, ovvero allo scopo di ridurre l’inquinamento delle emissioni dei veicoli. Ma per tutti quei francesi che vivono nelle campagne, né ricchi né poveri, e che ogni giorno devono muoversi in macchina per andare a lavorare in città, questo aumento pesa molto sul loro portafoglio.


Quest’ultimo mese in Francia è stato un susseguirsi di manifestazioni, blocchi stradali, scontri con la polizia e proteste sfociate in veri e propri saccheggi e guerriglie urbane: l’Arco di trionfo imbrattato, negozi distrutti, più di 1000 i feriti, tra cui 200 poliziotti, e circa 1700 gli arrestati. Solo per gli scontri di sabato 4 dicembre a Parigi, si contano danni per il valore di 3-4 milioni di euro.


In sostanza, ancora una volta i nostri cugini francesi non hanno perso occasione per mostrare il loro carattere rivoluzionario che da generazioni si portano dietro.


Alla base di tutto vi sono due visioni diverse e due interessi opposti, ed entrambe le posizioni sono potenzialmente condivisibili. Non è invece condivisibile il modo in cui questa lotta politica viene portata.

E’ giusto che ognuno esprima il proprio dissenso, protesti e anche attacchi il Governo. Ma quello che sta succedendo in Francia va ben oltre tutto ciò, perché mettere a ferro e fuoco una città, saccheggiare negozi e deturpare monumenti non è lotta politica, ma soltanto delinquenza, inciviltà e populismo.


In realtà, la tematica fondamentale che sta dietro questa vicenda, e che nella sua narrazione è trascurata, è essenzialmente una: la conciliazione tra la tutela dell’ambiente e il benessere economico. Per quanto entrambi gli aspetti siano da preservare, ad oggi, se proprio bisogna scegliere tra i due, non si può che scegliere per l’ambiente per una questione di urgenza.


E’ difficile ammetterlo, ma i Gilet Gialli, per quanto debba essere ascoltata e soddisfatta la loro richiesta di giustizia sociale, rappresentano di fatto quella parte di società che ancora non condivide la necessità da parte di ciascuno di scarificare una parte del proprio interesse individuale a vantaggio di un interesse superiore.


Ed è proprio qui che entrano in gioco la demagogia e il populismo; quella demagogia che è il motore di questo movimento incontrollato di protesta; quel populismo che spinge ad ascoltare la pancia prima della testa; quel populismo che fa leva sul rancore, sull’odio e sulla sofferenza; quel populismo, che così come l’inquinamento e l’ingiustizia sociale, è uno dei tanti problemi dei nostri tempi, ma che è soprattutto il primo nemico da abbattere per poter tornare a credere in un futuro fatto di progresso razionale.

Paolo Iovino




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